Effetti dell’ascolto sull’elaborazione neurale del linguaggio

In un articolo scientifico di giugno 2023, pubblicato sul numero speciale di “Music in Development”, di Heather Bortfeld e Samuel Mehr (qui l’articolo completo), si parla degli effetti benefici dell’ascolto musicale sull’elaborazione neurale del linguaggio nei bambini tra 0 e 28 mesi a rischio dislessia. Lo studio è stato segnalato nell’ambito dell’VIII Conferenza Neuromusic, organizzata dalla Fondazione Mariani, tenutasi a Helsinki dal 13 al 16 giugno 2024. Di seguito vi offriamo un commento di due dei nostri esperti, ovvero Costantino Panza, pediatra, e Elena Flaugnacco, psicologa, psicoterapeuta specialista in neuropsicologia, entrambi componenti del Coordinamento Nazionale di Nati per la Musica.
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Costantino Panza: “150 neonati a rischio per dislessia (genitori con dislessia) sono stati divisi in tre gruppi e hanno partecipato a uno studio in cui per i primi sei mesi di vita hanno ascoltato: 1° gruppo, musica vocale registrata cantata in modo simile al baby talk ogni giorno; 2° gruppo, musica strumentale registrata; 3° gruppo, controllo senza intervento musicale negatività di disadattamento. Sono stati misurati gli effetti sul linguaggio tramite Potenziali evocati evento correlati (ERP) e Elettroencefalogramma (EEG) all’età di 6 mesi e di 28 mesi. I risultati indicano che i bambini che hanno ascoltato la musica vocale registrata nei primi mesi di vita presentavano valori di risposta di disadattamento e negatività di disadattamento (due indicatori affidabili di ritardo di sviluppo fonologico) indicanti un beneficio per lo sviluppo del linguaggio. In tutti e tre i gruppi i bambini oltre all’intervento nei primi sei mesi di vita hanno fatto pratica di attività musicale per circa 9 ore a settimana. Un limite dello studio è che i ricercatori non abbiano svolto un trial randomizzato, ma hanno allocato i neonati nei diversi gruppi seguendo criteri, appunto, non randomizzati ma di convenienza. Altro limite è la non significatività di alcuni indicatori di risposta di disadattamento a 28 mesi. La forza dello studio sta nella numerosità del campione, nella divisione in tre bracci di trattamento e nell’impianto teorico che indica come la dislessia possa essere spiegata attraverso la teoria del deficit fonologico”.
Elena Flaugnacco: “Avere un campione così numeroso e due gruppi di controllo è piuttosto raro con bambini così piccoli. Tuttavia, nell’articolo non è stato indicato il calcolo per la numerosità campionaria necessaria per attendersi un effetto misurabile sulle successive abilità di lettura, abilità che risentiranno comunque di tanti altri fattori che andrebbero controllati. Qual è la percentuale attesa di bambini che svilupperanno dislessia sul campione a rischio? E poi, che tipo di dislessia avevano i genitori? In mezzo ci potevano essere anche altri tipi di funzionamento o difficoltà di lettura lievi visto che nello studio è stato considerato il criterio di una Deviazione standard sotto la media in due prove di lettura e non 2 Deviazioni standard come indicato dalle linee guida europee… Dubito poi che non ci fossero storie anamnestiche di ADHD nei genitori, i questionari e l’anamnesi ad anni di distanza mi lasciano mille perplessità, i ricordi si ricostruiscono. Il campione comunque presenta un elevatissimo livello culturale. Peccato per la perdita dell’effetto a 28 mesi, ma era attendibile perché le variabili intervenienti sono molte e i genitori hanno un elevato livello culturale, quindi, subentreranno altri stimoli come la lettura etc… Restiamo curiosi di sapere di altri studi longitudinali”.